QUESTIONE DI MELE
Confronto tra la vicenda di Biancaneve, il Giudizio di Paride e l'episodio di Adamo ed Eva
Nel racconto biblico Eva viene sedotta dal serpente a mangiare la mela dell’albero proibito. In molte rappresentazioni figurate si vede il serpente con in bocca una mela che si avvicina, subdolo, alla nostra madre primigenia. Nella fiaba dei Fratelli Grimm vediamo la stessa scena in cui una mela viene offerta, nella stessa maniera subdola, ad una giovane donna. La differenza consiste nel fatto che nella scena di Biancaneve, invece del serpente, è la matrigna, una strega, che cerca di sedurre la vergine. Biancaneve muore, mentre Eva diventa mortale dopo l’assaggio dello stesso frutto.
In entrambi i casi la conseguenza di questa seduzione sarà la perdizione.
Eva viene cacciata dal Giardino dell’Eden (1) e viene condannata al rapporto eterosessuale, alle doglie e al parto (Gn.3/16). La morte simbolica di Eva è susseguita dalla deflorazione e dal parto; infatti solo dopo la sua cacciata dall’Eden ed aver perso l’immortalità “Adamo si unì a Eva sua moglie [in ebraico “conobbe” Eva sua moglie], la quale concepì e partorì Caino e disse: ‘Ho acquistato un uomo dal Signore’ ”(Gn., 4/1).
Biancaneve, una volta morta, potrà rinascere solo dopo la deflorazione, che nella fiaba viene simboleggiata dal Principe e il suo bacio (2). Inoltre Biancaneve vive nel bosco, parallelo al Giardino in cui viveva Eva, circondata da sette nani, che fanno da simbolo fallico apotropaico e difendono così la sua verginità.
Il mito biblico condensa la saga esistenziale dell’uomo con quella della donna, ma si trattava di due miti completamente diversi che furono fusi in uno solo e il testo ci presenta, a tratti, istantanee di entrambi mescolate in un’unica sintesi. La compressione e la condensazione rendono il mito ebraico ermetico e la sua decodificazione così complessa.
Ovvero, se l’evirazione per l’uomo rappresenta una minaccia che pende sul suo capo come una spada di Damocle, per la donna è una perdita irrimediabile di cui deve prendere atto e razionalizzare. Questa razionalizzazione spiega che la causa della propria evirazione sia stata il suo colloquio con il serpente.
Se il parallelismo è lecito, abbiamo qui, in forma atrofizzata, la rappresentazione di un rito iniziatico femminile di giovani donne, al posto degli ormai ben noti riti della pubertà maschili. I riti iniziatici avevano lo scopo di staccare i giovani dalle madri e dalle sorelle, indurli ad identificarsi con i fratelli e i padri, e a rinunciare alle pulsioni aggressive ed incestuose, che se non fossero state rimosse energicamente avrebbero portato il disastro sul clan. Avevano, quindi, anche lo scopo di indirizzare i giovani verso un’identità sessuale ben definita e a reprimere le proprie pulsioni pre-edipiche polimorfe e canalizzarle in un chiaro indirizzo eterosessuale attraverso l’identificazione con la generazione dei padri. Alle ragazze non fu proposto niente di simile, ma sappiamo che anche loro, all’età della pubertà, sono sotto la pressione di tensioni non meno gravose per quello che riguarda la propria identità sessuale e gli stessi impulsi aggressivi verso le proprie madri. Questo spiegherebbe la figura della “matrigna” malvagia nella fiaba di Biancaneve, che non è altro che la proiezione esterna dell’aggressività della figlia verso la propria madre. In entrambi i casi la donna ha un rapporto autoerotico, viene punita con la morte, rinasce e ha il primo rapporto eterosessuale, che condensa in sé, come prima fase, anche l’evirazione, poiché per la donna questa condensa sia il castigo che la conditio sine qua non affinché possa avvenire il rapporto eterosessuale.
Una terza mitica mela provocherà un disastro di proporzioni ancora maggiori.
Intendo naturalmente quella offerta da Paride ad Afrodite. Freud ha dimostrato come, nei miti e nelle fiabe, la scelta di una donna su tre, rappresenti la scelta della Morte in quanto Afrodite era l’unica tra le tre dee associata all’Averno e in virtù dell’equazione deflorazione=Morte, costante in tutta la mitologia greca. Questa volta la morte sarà quella di Troia e dei suoi abitanti (5).
Se le prime due mele erano state offerte a due vergini, qui pare che sia invece stata data ad una dea che aveva tutto tranne che questa peculiarità. Della triade di dee greche tra le quali Paride deve scegliere, solo Atena portava come simbolo la propria verginità. Tranne che in questo caso, in tutto il folclore occidentale, quando si tratta di scegliere tra tre donne, è esplicito o implicito che queste siano tre vergini e il numero tre è il simbolo della loro verginità.
Il mito di Paride che sceglie tra Era, Atena ed Afrodite è una sovrapposizione che ci presenta solo l’epifania esteriore, celando i contenuti reali e latenti del mito. Quello su cui noi ci focalizzeremo è che nel nostro caso la scelta avviene per mezzo di una mela, poiché Paride avrebbe potuto scegliere tra le tre dee anche indicandone una con un semplice gesto della mano. È la mela che ci interessa, quella che aveva provocato la caduta di Eva e la morte di Biancaneve. Come ci ha mostrato Freud, il frutto simboleggia il seno, il corpo della donna stessa e noi, sulla scia di questa rivelazione, abbiamo interpretato la relazione di Eva e di Biancaneve con la mela come un rapporto autoerotico.
Le tre dee danno a Paride la mela, affinché questi la dia ad una di loro e indichi attraverso questa la sua scelta. Dando all’eroe troiano il frutto, ovvero il proprio corpo, gli si offrono. E lui ne sceglie una delle tre. Anche in questo mito la seduzione avviene attraverso la mela, solo che qui avviene un’inversione e, apparentemente, il sedotto è l’uomo e non la donna. La scelta di Afrodite e il suo rapporto con la mela si condensa nella rappresentazione della morte.
Ma c’è ancora qualcosa che stuzzica la nostra curiosità. Abbiamo trovato tre mele, proposte a tre giovani. La prima offerta da un serpente, la seconda da una vecchia, e la terza da un giovane eroe.
Questa volta associare Paride ad un serpente ci riuscirà difficile. Paride Alessandro è “colui che difende”, questo è il suo nome, ovvero, è uno strumento apotropaico, come i serpenti dei mostri pre–olimpici, il cui compito era difendere l’orifizio della vergine.
Il mito di Paride e delle sue origini è come quello di tutti gli Eroi che, figli di re e nati da nobile famiglia, furono percepiti dal padre come una minaccia al suo potere, furono esposti appena nati, salvati miracolosamente e diventarono Eroi e salvatori del proprio popolo, spodestando il padre e prendendone il posto. Con le parole di Freud: “Eroe è colui che coraggiosamente si leva contro il padre e alla fine lo supera vittoriosamente”. Freud, citando l’opera di Otto Rank, enumera la lista degli Eroi che appartengono a questa categoria: Sargon, Ciro, Romolo, Edipo, Karna, Paride, Telefo, Perseo, Eracle, Gilgamesh, Anfione e Zeto e Mosè.
Tutti questi Eroi sono i vicari della congregazione dei fratelli che compiono l’impresa eroica, che non è altro che la trasfigurazione di riti d’iniziazione arcaici rimossi, uccidendo un mostro che minacciava la collettività. Della lista che abbiamo davanti, oltre Mosè che salvò il suo popolo maneggiando serpenti, abbiamo Perseo che uccide la Medusa, il cui simbolo fallico erano i serpenti terrificanti che aveva al posto dei capelli. Ercole bambino strangola un serpente e poi uccide l’Idra di Lerna, tagliando le sue numerose teste, che possono facilmente venir equiparate a serpenti in associazione alla testa della Medusa-serpenti e a come queste numerose teste sono raffigurate.
Paride è l’unico di questa lista che non fece assolutamente niente di eroico, tranne che sedurre una bella donna: infatti Omero lo descrive come un vile che riesce a salvarsi solo nascondendosi sotto le sottane della dea che lo aveva adottato. L’atto di seduzione di Elena non solo non portò la salvezza al suo popolo, bensì la rovina più completa, ovvero compie un atto che è l’antitesi assoluta dell’impresa eroica in quanto questo porta alla perdizione, invece di portare alla salvezza del suo popolo. Cerchiamo ora di sviluppare la negativa dell’istantanea che abbiamo scattato. Gli eroi “positivi”, Mosè, Apollo, Perseo, San Giorgio, uccidono o esorcizzano il serpente, salvano il loro popolo e ottengono la bella. L’eroe Orfeo non riesce nella sua missione, provoca la morte della sua amata, e quindi diventa, in questo contesto, un eroe negativo. Non riesce ad esorcizzare il serpente, fallisce miseramente e il risultato è la Morte.
Come Orfeo, Paride, l’Eroe nato per esserlo, si trasforma in anti-eroe poiché come Orfeo, fallisce la sua missione. La sua missione era quella di esorcizzare il serpente, di ucciderlo. E invece Paride si identifica con questo e propone alla bella vergine la mela, come se fosse il serpente di Eva e quello di Biancaneve. Paride Alessandro, che era nato per “difendere”, come è chiaramente indicato dal suo nome e per gli antichi il nome era il destino, compie il suo Fato fungendo da strumento apotropaico, invece di sconfiggere (evirare) il fallo femminile ed esorcizzarlo, come avevano fatto invece gli altri eroi.
NOTE:
1)
Freud, “Simbolismo nei Sogni”, in Opere, B.Boringhieri, Torino 1989, vol. 8, pp.329-330. Freud dice: “il giardino, un frequente simbolo del genitale femminile...Fioriture e fiori designano il genitale della donna o, più specificatamente, la verginità. Non dimenticate che i fiori sono realmente i genitali delle piante”. Dunque il Giardino dell’Eden era l’habitat della verginità di Eva.
2)
Come ci ha mostrato Freud, infatti, il bambino spesso crede che la donna possa rimanere incinta da un semplice bacio.
3)
Freud, “Una nevrosi infantile”, in op.cit., Vol. 7, pp.558-9.
4)
Myth and Guilt, Braziller, New York 1957, pp.130-155 e 161-7
5)
S.Freud, “La Scelta degli Scrigni”, in op.cit., Vol. 7, p. 215. Freud dice: “La terza delle sorelle non soltanto non è più la Morte, ma è addirittura la più bella tra le donne, la più buona, la più desiderabile, la più degna di essere amata. Questa sostituzione non era tecnicamente affatto difficile: era predisposta da un’antica ambivalenza, e si realizzò attraverso antichissime connessioni che non potevano essere state dimenticate da troppo tempo. La stessa Dea dell’Amore, che adesso prendeva il posto della Dea della Morte, in origine si era già identificata con lei. Persino la greca Afrodite non si era completamente disgiunta dai suoi rapporti con l’Averno, benché da lungo tempo avesse ceduto il suo ruolo ctonico ad altre figure, quali Persefone e Artemide-Ecate triforme.”
Confronto tra la vicenda di Biancaneve, il Giudizio di Paride e l'episodio di Adamo ed Eva
Nel racconto biblico Eva viene sedotta dal serpente a mangiare la mela dell’albero proibito. In molte rappresentazioni figurate si vede il serpente con in bocca una mela che si avvicina, subdolo, alla nostra madre primigenia. Nella fiaba dei Fratelli Grimm vediamo la stessa scena in cui una mela viene offerta, nella stessa maniera subdola, ad una giovane donna. La differenza consiste nel fatto che nella scena di Biancaneve, invece del serpente, è la matrigna, una strega, che cerca di sedurre la vergine. Biancaneve muore, mentre Eva diventa mortale dopo l’assaggio dello stesso frutto.
In entrambi i casi la conseguenza di questa seduzione sarà la perdizione.
Eva viene cacciata dal Giardino dell’Eden (1) e viene condannata al rapporto eterosessuale, alle doglie e al parto (Gn.3/16). La morte simbolica di Eva è susseguita dalla deflorazione e dal parto; infatti solo dopo la sua cacciata dall’Eden ed aver perso l’immortalità “Adamo si unì a Eva sua moglie [in ebraico “conobbe” Eva sua moglie], la quale concepì e partorì Caino e disse: ‘Ho acquistato un uomo dal Signore’ ”(Gn., 4/1).
Biancaneve, una volta morta, potrà rinascere solo dopo la deflorazione, che nella fiaba viene simboleggiata dal Principe e il suo bacio (2). Inoltre Biancaneve vive nel bosco, parallelo al Giardino in cui viveva Eva, circondata da sette nani, che fanno da simbolo fallico apotropaico e difendono così la sua verginità.
Il mito biblico condensa la saga esistenziale dell’uomo con quella della donna, ma si trattava di due miti completamente diversi che furono fusi in uno solo e il testo ci presenta, a tratti, istantanee di entrambi mescolate in un’unica sintesi. La compressione e la condensazione rendono il mito ebraico ermetico e la sua decodificazione così complessa.
- Il mito della donna e dell’albero della conoscenza è completamente separato da quello dell’uomo e del suo rapporto con l’albero (3). Dall’analisi del sogno di un paziente, Freud impara che per il bambino in questione l’albero significava il corpo della madre e che il frutto era simbolo del suo seno. Freud riporta anche la descrizione che fa il Tasso, nella Gerusalemme Liberata, in cui Tancredi colpisce il tronco d’albero con la spada e da questo sgorga il sangue della sua amata Clotilde. Nel mito della donna l’albero rappresenta dunque il suo corpo, con cui ha un rapporto autoerotico. L’albero viene chiamato dalla Bibbia l’albero della conoscenza, ed ecco che l’assaggio che fece Eva dell’albero e del frutto era stato una prima conoscenza legata al proprio corpo. Ugualmente dunque per Biancaneve.
Adamo ed Eva vengono cacciati dal Giardino e viene precluso loro l’albero della vita, affinché non diventino immortali. Per Biancaneve la morte è subitanea e l’associazione assaggio della mela-morte è più diretta. Ma il significato è lo stesso. - T. Reik ci ha mostrato come il Peccato Originale dell’uomo e la Caduta rappresentino, invece, il peccato di aggressione e di cannibalismo verso il corpo del dio-Padre, rappresentato dall’albero (4). Sembrerebbe dunque che ci sia una contraddizione. Ma non si tratta di tale bensì di una condensazione in cui l’albero del Paradiso Terrestre rappresenta il simbolo del corpo del dio, per quello che riguarda il mito dell’uomo, e il corpo della donna, per quello che riguarda il mito di questa. Il peccato originale e la Caduta hanno un significato diverso per l’uomo e per la donna, e anche la cacciata dall’Eden rappresenta un castigo per il primo e un altro per la seconda, come la sessualità viene interpretata diversamente dai bambini e le bambine, nei primi stadi della loro esplorazione sessuale.
Ovvero, se l’evirazione per l’uomo rappresenta una minaccia che pende sul suo capo come una spada di Damocle, per la donna è una perdita irrimediabile di cui deve prendere atto e razionalizzare. Questa razionalizzazione spiega che la causa della propria evirazione sia stata il suo colloquio con il serpente.
Se il parallelismo è lecito, abbiamo qui, in forma atrofizzata, la rappresentazione di un rito iniziatico femminile di giovani donne, al posto degli ormai ben noti riti della pubertà maschili. I riti iniziatici avevano lo scopo di staccare i giovani dalle madri e dalle sorelle, indurli ad identificarsi con i fratelli e i padri, e a rinunciare alle pulsioni aggressive ed incestuose, che se non fossero state rimosse energicamente avrebbero portato il disastro sul clan. Avevano, quindi, anche lo scopo di indirizzare i giovani verso un’identità sessuale ben definita e a reprimere le proprie pulsioni pre-edipiche polimorfe e canalizzarle in un chiaro indirizzo eterosessuale attraverso l’identificazione con la generazione dei padri. Alle ragazze non fu proposto niente di simile, ma sappiamo che anche loro, all’età della pubertà, sono sotto la pressione di tensioni non meno gravose per quello che riguarda la propria identità sessuale e gli stessi impulsi aggressivi verso le proprie madri. Questo spiegherebbe la figura della “matrigna” malvagia nella fiaba di Biancaneve, che non è altro che la proiezione esterna dell’aggressività della figlia verso la propria madre. In entrambi i casi la donna ha un rapporto autoerotico, viene punita con la morte, rinasce e ha il primo rapporto eterosessuale, che condensa in sé, come prima fase, anche l’evirazione, poiché per la donna questa condensa sia il castigo che la conditio sine qua non affinché possa avvenire il rapporto eterosessuale.
Una terza mitica mela provocherà un disastro di proporzioni ancora maggiori.
Intendo naturalmente quella offerta da Paride ad Afrodite. Freud ha dimostrato come, nei miti e nelle fiabe, la scelta di una donna su tre, rappresenti la scelta della Morte in quanto Afrodite era l’unica tra le tre dee associata all’Averno e in virtù dell’equazione deflorazione=Morte, costante in tutta la mitologia greca. Questa volta la morte sarà quella di Troia e dei suoi abitanti (5).
Se le prime due mele erano state offerte a due vergini, qui pare che sia invece stata data ad una dea che aveva tutto tranne che questa peculiarità. Della triade di dee greche tra le quali Paride deve scegliere, solo Atena portava come simbolo la propria verginità. Tranne che in questo caso, in tutto il folclore occidentale, quando si tratta di scegliere tra tre donne, è esplicito o implicito che queste siano tre vergini e il numero tre è il simbolo della loro verginità.
Il mito di Paride che sceglie tra Era, Atena ed Afrodite è una sovrapposizione che ci presenta solo l’epifania esteriore, celando i contenuti reali e latenti del mito. Quello su cui noi ci focalizzeremo è che nel nostro caso la scelta avviene per mezzo di una mela, poiché Paride avrebbe potuto scegliere tra le tre dee anche indicandone una con un semplice gesto della mano. È la mela che ci interessa, quella che aveva provocato la caduta di Eva e la morte di Biancaneve. Come ci ha mostrato Freud, il frutto simboleggia il seno, il corpo della donna stessa e noi, sulla scia di questa rivelazione, abbiamo interpretato la relazione di Eva e di Biancaneve con la mela come un rapporto autoerotico.
Le tre dee danno a Paride la mela, affinché questi la dia ad una di loro e indichi attraverso questa la sua scelta. Dando all’eroe troiano il frutto, ovvero il proprio corpo, gli si offrono. E lui ne sceglie una delle tre. Anche in questo mito la seduzione avviene attraverso la mela, solo che qui avviene un’inversione e, apparentemente, il sedotto è l’uomo e non la donna. La scelta di Afrodite e il suo rapporto con la mela si condensa nella rappresentazione della morte.
Ma c’è ancora qualcosa che stuzzica la nostra curiosità. Abbiamo trovato tre mele, proposte a tre giovani. La prima offerta da un serpente, la seconda da una vecchia, e la terza da un giovane eroe.
Questa volta associare Paride ad un serpente ci riuscirà difficile. Paride Alessandro è “colui che difende”, questo è il suo nome, ovvero, è uno strumento apotropaico, come i serpenti dei mostri pre–olimpici, il cui compito era difendere l’orifizio della vergine.
Il mito di Paride e delle sue origini è come quello di tutti gli Eroi che, figli di re e nati da nobile famiglia, furono percepiti dal padre come una minaccia al suo potere, furono esposti appena nati, salvati miracolosamente e diventarono Eroi e salvatori del proprio popolo, spodestando il padre e prendendone il posto. Con le parole di Freud: “Eroe è colui che coraggiosamente si leva contro il padre e alla fine lo supera vittoriosamente”. Freud, citando l’opera di Otto Rank, enumera la lista degli Eroi che appartengono a questa categoria: Sargon, Ciro, Romolo, Edipo, Karna, Paride, Telefo, Perseo, Eracle, Gilgamesh, Anfione e Zeto e Mosè.
Tutti questi Eroi sono i vicari della congregazione dei fratelli che compiono l’impresa eroica, che non è altro che la trasfigurazione di riti d’iniziazione arcaici rimossi, uccidendo un mostro che minacciava la collettività. Della lista che abbiamo davanti, oltre Mosè che salvò il suo popolo maneggiando serpenti, abbiamo Perseo che uccide la Medusa, il cui simbolo fallico erano i serpenti terrificanti che aveva al posto dei capelli. Ercole bambino strangola un serpente e poi uccide l’Idra di Lerna, tagliando le sue numerose teste, che possono facilmente venir equiparate a serpenti in associazione alla testa della Medusa-serpenti e a come queste numerose teste sono raffigurate.
Paride è l’unico di questa lista che non fece assolutamente niente di eroico, tranne che sedurre una bella donna: infatti Omero lo descrive come un vile che riesce a salvarsi solo nascondendosi sotto le sottane della dea che lo aveva adottato. L’atto di seduzione di Elena non solo non portò la salvezza al suo popolo, bensì la rovina più completa, ovvero compie un atto che è l’antitesi assoluta dell’impresa eroica in quanto questo porta alla perdizione, invece di portare alla salvezza del suo popolo. Cerchiamo ora di sviluppare la negativa dell’istantanea che abbiamo scattato. Gli eroi “positivi”, Mosè, Apollo, Perseo, San Giorgio, uccidono o esorcizzano il serpente, salvano il loro popolo e ottengono la bella. L’eroe Orfeo non riesce nella sua missione, provoca la morte della sua amata, e quindi diventa, in questo contesto, un eroe negativo. Non riesce ad esorcizzare il serpente, fallisce miseramente e il risultato è la Morte.
Come Orfeo, Paride, l’Eroe nato per esserlo, si trasforma in anti-eroe poiché come Orfeo, fallisce la sua missione. La sua missione era quella di esorcizzare il serpente, di ucciderlo. E invece Paride si identifica con questo e propone alla bella vergine la mela, come se fosse il serpente di Eva e quello di Biancaneve. Paride Alessandro, che era nato per “difendere”, come è chiaramente indicato dal suo nome e per gli antichi il nome era il destino, compie il suo Fato fungendo da strumento apotropaico, invece di sconfiggere (evirare) il fallo femminile ed esorcizzarlo, come avevano fatto invece gli altri eroi.
NOTE:
1)
Freud, “Simbolismo nei Sogni”, in Opere, B.Boringhieri, Torino 1989, vol. 8, pp.329-330. Freud dice: “il giardino, un frequente simbolo del genitale femminile...Fioriture e fiori designano il genitale della donna o, più specificatamente, la verginità. Non dimenticate che i fiori sono realmente i genitali delle piante”. Dunque il Giardino dell’Eden era l’habitat della verginità di Eva.
2)
Come ci ha mostrato Freud, infatti, il bambino spesso crede che la donna possa rimanere incinta da un semplice bacio.
3)
Freud, “Una nevrosi infantile”, in op.cit., Vol. 7, pp.558-9.
4)
Myth and Guilt, Braziller, New York 1957, pp.130-155 e 161-7
5)
S.Freud, “La Scelta degli Scrigni”, in op.cit., Vol. 7, p. 215. Freud dice: “La terza delle sorelle non soltanto non è più la Morte, ma è addirittura la più bella tra le donne, la più buona, la più desiderabile, la più degna di essere amata. Questa sostituzione non era tecnicamente affatto difficile: era predisposta da un’antica ambivalenza, e si realizzò attraverso antichissime connessioni che non potevano essere state dimenticate da troppo tempo. La stessa Dea dell’Amore, che adesso prendeva il posto della Dea della Morte, in origine si era già identificata con lei. Persino la greca Afrodite non si era completamente disgiunta dai suoi rapporti con l’Averno, benché da lungo tempo avesse ceduto il suo ruolo ctonico ad altre figure, quali Persefone e Artemide-Ecate triforme.”